lunedì 5 luglio 2010

Recensione di Valewanda

Questa recensione l'ha scritta valeWanda, il post originale si trova qui

Sin da quando ero piccola, l’Abruzzo mi sembrava una regione incomprensibile, non ben localizzata.

Faceva parte di un gruppo di regioni, come il Molise, la Basilicata e il Friuli Venezia Giulia, che per me, bambina milanese, erano un ammasso indistinto, che c’è ma non si sa bene perché.

Tant’è che in nessuna di queste, nonostante i miei trentasette anni, ad oggi sono ancora stata.

Del Friuli una collega mi aveva parlato, del Molise un’altra, la Basilicata è la terra dei sassi bianchi di Matera, dell’Abruzzo qualcuno mi aveva detto di essere stato al mare: “Sai Roseto?”, sì sì, lo sapevo, ma non avevo mai avuto voglia di andare. Dell’Aquila nessuno mi aveva ancora parlato, di persona voglio dire.

Poi c’è stato quello che c’è stato, luoghi a me sconosciuti mi apparivano di botto in ogni istante del giorno, in Tv, su internet, nei post di amiche bloggers che seguivo a prescindere.

Finché è uscito il libro di Barbara Summa, per me Mammamsterdam, e mi sono decisa a capire.

Questo libro non è solo un racconto di un mondo amato, improvvisamente devastato senza un perché, della paura, delle lacrime, del terrore di non sapere, dei ricordi sfracellati n un momento.

No, questo libro è molto di piu’.

E’ il libro che ognuno ha dentro, i ricordi che stanno lì e aspettano solo che qualcuno li scriva, i caffè bevuti in cucina raccontandosi le storie, i balconi fioriti che sanno di lavanda, i dialetti di paese che riemergono improvvisi, le fughe, i ritorni, i luoghi amati, abbandonati, riscoperti, e riamati ancora. E’ un libro di racconti vivi, di persone, di strade e lunghe passeggiate, di mani che si sfregano per il freddo, di maglioni di lana, di silenzi, di strade, si bambini che giocano e se la raccontano, di una città orogliosa di essere se stessa.

E’ un libro di una paura, quella che si prova quando si torna e si teme di non trovare piu’ nulla di quello che si è stati, non la propria casa, i propri ricordi, spazzati via senza avere il tempo di prenderli e raccoglierli con cura.

E’ il libro di chi torna disperatamente alla propria casa, entra e non si riconosce piu negli sguardi di terrore della gente’… e scrive…

“…Dormo come un sasso, lasciando gli scuri aperti ma, o la luce o altro, mi sveglio presto assolutamente inquieta. Casa mia non sembra piu’ casa mia ma una trappola…. Un motore rumoroso che scende dalla montagna mi innervosisce, sto lì ad analizzare il suono. Mi alzo e non ho il coraggio di fare la doccia, mi lecco come i gatti…”.

Le foto sono un’altra poesia, da guardare a riguardare, sempre.

Grazie Barbara, per questi attimi di eternità

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