giovedì 20 maggio 2010

Aggregato


Le parole che si imparano con il tempo e i casi della vita. Ultimamente ce ne ho aggiunta una nuova, aggregato.

L'ho sentita a un colloquio del mio architetto preferito, Carola Gentile, che da Ofena combatte i mulini a vento della burocrazia post-sismica e la capisco benissimo se delle volte si scoraggia. Dovrebbe cercarsi qualche incarico diverso, ma quando ne avrebbe il tempo? Perché sembra che non stia succedendo niente con la ricostruzione, ma i termini scadono, le documentazioni vanno presentate in tutta fretta, poi un intoppo, una variante, e puoi ricominciare da capo.

Da un anno ingegneri ed architetti non si stanno divertendo troppo dalle nostre parti. Stiamo giocando a un gioco in cui le regole vengono cambiate in continuazione dalla controparte, che poi non si degna neanche di rispondere.

Comunque, si diceva dell'aggregato. Il punto sono i centri storici, dove le case, le proprietà, nel corso dei secoli sono sorte, cambiate, crollate, ricostruite, scambiate, io apro un muro qui e tu mi vendi una stanza contigua, tu ti prendi la stalla e mi lasci il passaggio, io metto un bagno e mi allaccio allo scarico del vicino altrimenti non ci si arriva.

Dove le falde di tetto, quelle belle distese di tetti, si sovrappongono, intersecano, crollano, sadono le tegole o i sassi e quando fa vento volano via i teloni provvisori che cercano di proteggere le case sotto, e volando fanno volar via un sanno e dioneliberi qualcuno che passa sotto se lo prende in testa.

Ecco, un aggregato è un pezzo di planimetria di queste case delimitato da vie vicoli, spazi vuoti. E qualsiasi cosa ti voglia fare con casa tua, a spese tue se puoi o in attesa dei tanto sbandierati e promessi aiuti, a cui avremmo diritto tutti, ma che ti fanno passare per graziose concessioni dall'alto, tanto i soldi servono per altre cose, ecco, tocca tener conto dell'aggregato a cui sei legato mani e piedi.

E se nell'aggregato ci sono case abbandonate e semidiroccate insieme alla tua che ci vivi, o che ci vivi nel weekend, o magari solo nelle vacanze, o ci vivevi qualche generazione fa e adesso ci vivono le faine che corrono sui tetti in estate, ecco, tutta questa gente e le loro proprietà vanno prese tutte insieme e si fa un piano d'azione congiunto.

Logico, se devi fare i calcoli statici li devi fare per aggregato, se devi capire come stanno messe le fondamenta, beh, quelle sono più o meno comuni, se si stacca un pezzo da un lato si tira via anche qualcosa dall'altro.

E questo decidere di avviare qualcosa per un aggregato avviene dall'alto, però si può avviarlo se almeno il 51% dell'aggregato è d'accordo.

Io non sono il 51% dell'aggregato. E anche se lo fossi, toccherebbe aspettare il Comune e l'ufficio preposto al terremoto, che ancora non rispondono e che fanno fatica a mettere a posto le classi B, ovvero quelle case che con poche riparazioni sarebbe abitabili.

Ma la gente si è arrangiata da sola, le case che il Comune ha dovuto mettere a disposizione sono bastate, in quelle inagibili ma un pelo abitabili la gente ci è rientrata e tutti facciamo finta di niente, che va bene così. E il Comune può cullarsi nella falsa sicurezza che tutto sia a posto. Fino a che non succede qualcosa, ma spero di no.

Per quanto mi riguarda, non me lo faccio succedere, anche se a me e a mamma almeno l'agibilità di un paio di stanze ci serve come il pane, cercheremo qualcosa in affitto perché la smania di rientrare, valutata di fronte al rischio, tocca farla rientrare.

Il Comune che ha tante gatte da pelare, come l'eliminazione di una fontanellina e il suo pesce rosso, a volte vivo a volte morto, dall'aiuola sotto il pino. E la ripavimentazione di un paio di metriquadri di spaziosociale, ovvero le panchine della maldicenza sotto gli alberi all'angolo della piazza.

E allora tocca aspettare, ma adesso aspettiamo in compagnia del resto dell'aggregato. Che magari potrebbe essere una consolazione, ma chissà perché a noi ci sa tanto di fregatura.

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